Piccola premessa. Ci credo poco che sto osando una cosa del genere...
Dunque, questo bozzetto è l'inizio di una nuova fanfic, non del tutto nuova perchè il "seguito" della prima Shiseido Mac and Maybelline.
Non mi rendo responsabile di ciò che potrebbe provocarvi la lettura di questo obbrobrio, ma intanto lo posto, perchè ho sentito il bisogno di cogliere l'ispirazione.
Buona o pessima che possa essere
Scusate il mio italiano a quest'ora lascia piuttosto a desiderare...
Dunque, passando alle COSE SERIE:
-E' un seguito, ma è comunque un'altra storia "indipendente" e quasi del tutto sganciabile dal mio scritto precedente (nel senso, non preoccupatevi se vi siete persi il primo..ehm...capolavoro
si può leggere tranquillamente sìsì)
-Il periodo e lo scenario cambia, e riguarda principalmente il periodo 2000, 2001 in poi (e per il resto vedrete, degli spolier renderebbero tutto soltanto ancor meno interessante), per interdersi l'epoca di Brian stempiato (figaccione) e dei live (meravigliosi) dove è grassa che non caschi dal palco da quanto è fatto/ubriaco/allucinato. Musicalmente parlando, avrei intenzione di coprire il periodo Black Market Music (album a cui sono particolarmente affezionata) e un po' di -pre Meds.
-Trattandosi centralmente del periodo di "decadenza" (attezione, unicamente a livello fisico) di Bri, il tutto rischierà di essere un po' meno soft del solito in alcuni punti, ma vi assicuro che ho fatto di tutto per non turbare nemmeno gli animi più sensibili (bambini a letto)
Ok, BASTA.
Buona lettura
_Laura.
Dove eravamo rimasti.
Ci sono fin troppe storie, vite che iniziano così.
S'interrompono, per un attimo, per un'eternità, e poi riprendono.
La mia interruzione è durata cinque anni, e l'ho vissuta senza rendermene conto.
La mia interruzione è finita qui, a Londra, non molto tempo fa.
E un'altra volta con Brian Molko.
E' con lui che ho terminato ogni fase, dalla più mediocre alla più brillante della mia intera esistenza.
Lasciandolo e ritrovandolo.
Non è molto, appunto, che ci siamo ritrovati.
Ma a me sembra sempre troppo poco.
Lui qui per studiare, anche se poi la fama non glielo ha permesso, io qui per lavorare.
Io che nella speranza di un successo futuro mi ero trasferita e avevo trovato un angolino di Rubrica su una rivista-supplemento del Times. Mi bastava scrivere quell'articolino al mese, rispondere alla posta dei lettori e riscuotere il mio modesto, ma sufficiente stipendio.
Una scrittrice per hobby, senza uno straccio di laurea, che si era guadagnata un posto di lavoro solo grazie all'unico libro di successo che era riuscita a scribacchiare in fin troppo tempo, negli autunni gelidi di Lussemburgo, ventenne malinconica e sfigatella.
Che aveva iniziato a combinare qualcosa immediatamente dopo che un finocchio dagli occhi blu l'aveva abbandonata.
Quando iniziò la mia interruzione.
Non viviamo insieme.
In realtà non abbiamo neanche una vera e propria vita insieme.
Sogniamo insieme e ci stuzzichiamo le anime a vicenda, quando ci va.
E, che ci si creda o no, basta.
Eccome.
“Sissie”
“Dimmi”
“Non indovinerai mai cosa devo dirti”
“Mh, effettivamente no, non credo.”
“Bè, neanche ci provi?”
“Confido in te tesoro, so che sapresti rendere quest'incognita molto più interessante facendo a meno di un mio goffo tentativo di interpretarla”
“Diventi dannatamente romanzesca, scrivere ti fa male.”
“Senti chi parla.”
Cosa dicevo?
Stuzzicarci l'anima.
Anche senza “l'anima”.
“Insomma?”
“Suoniamo all'Irving Plaza, e tu verrai.”
New York.
Forse sto sognando.
“Vuoi dire che mi porti con te?”
“Certo che sei stupida.”
“Davvero?”
Rido.
“Un po'”
Ride.
“Stasera beviamo qualcosa”
“Brian, beviamo tutte le sere.”
“Continueremo a farlo.”
“D'accordo”
“Oh, me love you longtime!”
Cita, estatico, e riattacca.
E' immensamente stupido ed egocentrico.
Probabilmente il suo ego pesa più di lui, ma lo accetto volentieri.
Sono disposta anche a portarne un po' in spalla, nel caso lui stesso non riesca a sorreggerlo.
Lo guardo camminare poco avanti a me, per i vicoli bui ed umidi di questa città così placebo.
Mi è familiare questa scena.
Mi ricorda quella del nostro secondo incontro scontro qui, a Londra.
Quando erano cinque anni che non avevamo notizie l'uno dell'altro.
Ma vivevamo comunque.
Sopravvivevamo.
Io sopravvivevo.
Lui, viveva.
Ma viva anche adesso, e io ho ripreso a vivere con lui, di nuovo, anche in questo preciso istante in cui continuo ad osservarlo, come se non potessi farne a meno, come ho sempre fatto.
E' un po' cambiato dalla fine della mia interruzione.
Si è sfoltito la sua morbidissima chioma di boccoli neri come la pece, veste più elegante.
Più adulto, forse.
Nero completo, giacche, camicie, pantaloni a sigaretta.
Ogni tanto tira fuori un paio di vecchi jeans logori e una canotta eccessiva, questo sì.
Ma certamente non passeggia per strada con GOD IS LOVE stampato sul petto.
Siamo arrivati al Neptune.
Passa avanti e mi tiene la porta.
Si siede al banco ed ordina un Gin and Tonic.
“Per me un Bloody Mary”
“Sissie...”
Sorseggia il suo cocktail pensieroso, senza guardarmi.
Il suo sguardo è sperso, immenso e appangante anche se non si posa su di me, anche se non mi sfiora per trasformarmi in oro liquido.
“Pronta per New York?”
“Non potrei esserlo di più”
Brian è felice, ultimamente.
Euforico, quasi.
Ho sempre paura che il successo gli dia alla testa.
Ma è solo il clichè di una paesana belga.
La verità è che sono felice, straordinariamente felice per lui.
In ogni cosa che fa mette quell'entusiasmo luccicante, quasi infantile che lo rende, se possibile, ancora più meraviglioso.
E' strano, ma è molto più spensierato adesso che a diciassette anni.
O almeno sembra.
Per il momento, corro il rischio di fidarmi delle apparenze.
Non potrà mai essere pericoloso, o per lo meno, non quanto il mio uomo in persona.
E, comunque, è un pericolo che mi attrae irrimediabilmente.
Edited by arual66 - 21/7/2011, 14:44