Black Eyed PLACEBO Forum • Loud like Placebo version

Molko Universal Muses, cià che succede quando le idee ti vengono in piena notte e ti persegutano..T.T

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arual66
view post Posted on 5/5/2011, 19:21     +1   -1




Premessa:

Da un po' di tempo a questa parte mi capita di produrre qualcosina, di sera, a dir la verità si tratta di mini fanfiction che ho deciso di riunire in un unico post da aggiornare di volta in volta. Così è venuta fuori una serie di piccoli spaccati unici, per lo più sono storie che non hanno nessun legame fra di loro, per ognuna mi sono ispirata a una canzone e tutte (o quasi) vedono protagoniste figure femminili che "ispirano" Brian, ognuna a modo suo.
I brani sono privi di qualsiasi introduzione sull'orientamento spazio/temporale adottato nella storia, o sulla trama in sè, di modo che chi intenda leggere possa immaginare a piacimento ognuna di queste pillole, nelle situazioni, nell'identificazione del personaggio (che potrebbe essere chiunque, dalla vicina di casa alla compagna di scuola...a voi stesse!)

:uhuh: Indicazioni:

Somministrare poco alla volta, solo quando se ne può trarre benefici, e non sotto i dodici anni u.u


:accipicchia: Effetti collaterali:

Può dare acidità e sonnolenza, talvolta anche una comprensibilissima voglia di vomitare.

___




N.B: Come prima ho deciso di ripostare Scared of Girls perchè credo abbia il suo senso, ciò non vuol assolutamente dire che dobbiate rigervela. :eheh:



BlisterMuse I

"I'm a man, a liar"

Mi sono innamorato di lei,e ormai l'ho persa.
Dice che se davvero l'amavo potevo risparmiarmi di andare a letto con sua sorella.
Ma l'ho fatto.
E' come se,quando voglio una cosa,e già ce l'ho,e sono felice,mi sembra di non averla mai abbastanza per me,e,alla ricerca del modo di farla ancora più mia,finisco col farmela scappare.

Ho fatto così anche con lei. Non sapevo che avesse una sorella minore fino a due giorni fa.
Ma mi sono bastate quarantotto misere ore per tradirla con lei.
Amber non mi parla più,neanche a lezione,se la incrocio per strada.
Ricordo tutto di lei,il suo viso,il suo corpo.
E' nettamente diversa da Sarah,non sembrano neanche sorelle.
Amber è alta,slanciata,molto magra. Ha i capelli di un biondo morbido,ambrato appunto. E ha sempre un sensuale profumo fiorito. La sorella è scura,minuta e formosa,con una quarta piazzata bene. Ma le gambe,le gambe sono le stesse.
Sottilissime,lunghe e candide,puntellate quà e là da piccoli nei.
Ricordo che Sarah,quel pomeriggio sul mio divano,ne aveva uno minuscolo e perfettamente disegnato sulla coscia destra,dove avevo voluto baciarla,prima.
Il profumo della sua pelle mi ricordava maledettamente quello di Amber,ma in me scalpitava trionfante il desiderio,la mia avidità. Volevo anche Sarah,perchè non avevo abbastanza Amber.
E il mio orgoglio,probabilmente suscitato dal senso di impotenza nei confronti di un sentimento più grande di me,aveva nuovamente trionfato sul mio "lato buono".
Amber rimaneva,seppure non mi guardasse neanche più negli occhi,su quel piedistallo favoloso a cui continuavo ad agognare anche quando l'avevo lì con me,fra le mie braccia. Lei rimaneva lì,sospesa,nella sua bellezza ed eleganza distaccata,perennemente al di sopra.
Anche adesso,che l'avevo distrutta e tradita,in un certo senso sconfitta,continuava a farmi paura.
Il mio essere perennemente in confusione,dipendeva proprio da questo. Come facevano,tutti gli altri,a rapportarsi con l'altro sesso? A cercare di ottenere una persona così diversa da loro stessi? Con i maschi è molto,troppo più facile. Stiamo insieme o no,scopiamo o meno,parliamo.
E' tutto molto diverso,più immediato. Essendo fatti allo stesso modo,ci pensiamo poco e niente.
Se deve,succede e basta.
Come fanno,gli altri?
Dovrei farmi incatenare al suo letto,quello di una ragazza,garantirle di essere suo per sempre,sposarla? Eppure credo che nessuna ragazza sia così stupida. E' per questo che mi fanno paura,tutte. Amber ancora di più,specialmente adesso che mi manca.
Mi manca terribilmente.
Continuo a pensare che non l'avrò mai,che non mi perdonerà.
Ma ieri mi ha parlato.
Mi ha rivolto la parola per la prima volta da quando mi sono scopato sua sorella.
Per l'esattezza,l'ho fermata io,ho cercato di salutarla.
Lei si è voltata solo dopo che le ho sfiorato la spalla,deve aver avvertito l'urgenza,l'esasperata insistenza di quel gesto patetico. Così ha scosso la sua chioma di miele,e mi ha guardato negli occhi. Dura,glaciale.
E spietata.
Pronta all'attacco.
"Dimmi solo una cosa,Brian."
Ha atteso solo che respirassi,che tirassi il fiato,poi ha esordito.
Ha il coltello dalla parte del manico,ed è decisa a colpire,violentemente:
"Almeno era brava,Sarah?"
I suoi occhi verde smeraldo mi perforano la testa,e per un attimo mi sembra di non vedere altro che lei,sdraiata sul divano di casa Molko,i capelli di lato,a coprire le spalle chiare,e una Lucky Strike fra le labbra.
Continuo a fare il suo gioco,lei prevede che non risponda,lo so. E' pronta ad agitare nuovamente quel capo da cortigiana antica all'indietro,per tornarsene sui suoi passi,sicura e ferita solo nel più profondo. Non mi darebbe mai soddisfazioni come mettersi a piangere o a gridare.
Sta per andarsene,quando mi decido a parlare:
"E' brava. Ma tu lo eri più di lei."
Sorride sarcastica,sconcertata.

Amber è stata una delle poche che mi ha sempre spaventato così.
Ci è ricaduta,oggi le ho offerto una sigaretta. E' sempre stata incredibilmente fine,ed elegante,ma fuma quasi più di me. Si è fatta bastare una Winston Blu,per oggi. L'importante è non rimanere a secco. Mentre si avviava sulla mia strada pensavo a come lei potesse essere meravigliosa,incredibilmente appropriata,in un quadretto apocalittico.
Sì,una Amber mitologica,semi nuda e perfetta,che prega con tutto il cuore un Dio diverso,un Dio frivolo e malevolo,di farla entrare in questa spaccatura che ha inghiottito il mondo.
E lui,malevolo e misericordioso,l'assolve e le apre la strada.
Adesso,per colpa della frivolezza di quel Dio così effimero,mi ritrovo a dipendere da due ciocche dorate di capelli morbidi,e un minuscolo,delizioso neo fin troppo intimo.

___


BlisterMuse II

"Ask for Answers"

Adrianne dorme ancora come un angelo silenzioso e vagamente oscuro.
Dopotutto, sono solo le quattro del mattino.
Posso sentire il suo respiro caldo e fremente che le solleva, le anima dolcemente il petto.
E' bianchissima, come me. Ma si trucca meno, e ha la pelle perfetta. Si trucca meno del suo "ragazzo". Osservo i suoi capelli neri sparsi a ventaglio sul cuscino.
L'aria è impregnata di un profumo variegato: il suo, quello salmastro del mare, lo squarcio immenso di mare che riesco ad osservare da qui, che vedo chiaramente riempire la finestra di fronte al letto. Non potrei desiderare di meglio.
Mentre respiro a pieni polmoni quella brezza marina fragrante, il profumo di Adrienne m'invade nuovamente il campo olfattivo.
Non trovo modo migliore per capire il mio posto, se non quello di chiedere risposte al mare.
E' l'unico che stanotte sembra poterle dare. Vorrei poter avere un immagine, un semplice ritratto di quel candore opalescente sulla pelle di Ad, adesso si sta muovendo, si rigira fra le lenzuola negli spasmi del suo sonno agitato, le si scopre un piede. Un piedino minuscolo e diafano, dalla caviglia sottilissima. Non voglio che abbia freddo, già trema, così mi avvicino e la ricopro il più silenziosamente possibile.
Appare così fragile, quasi quanto me...
Forse è questa la risposta. Non posso stare con qualcuno più vulnerabile di me, che è poco più di un uccellino caduto dal suo nido, fra le mie mani troppo distratte.
Qualche rivolo impalpabile mi scende sul viso, è solo brina, che fra poco finirà per ricoprirmi i capelli se me ne sto ancora affacciato al davanzale sulla spiaggia. Ma lo faccio anche per smettere di guardare quel canarino fragile nel mio letto, che ha seminato un po' delle sue morbide piume in giro per la stanza: il suo reggiseno di pizzo caduto per terra, la boccetta di colonia sul comodino (è troppo pigra perfino per portarla in bagno) , un angolo di cuscino, vicino ai capelli, lievemente macchiato di rossetto.
Sogni d'oro, mia eterna domanda a cui neanche il mare ha ancora saputo trovar risposta.

___

Edited by arual66 - 5/5/2011, 23:03
 
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Hannah With The Beatles
view post Posted on 6/5/2011, 13:07     +1   -1




Mi piace sempre come scrivi :sosweeet:
 
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arual66
view post Posted on 11/5/2011, 13:36     +1   -1




Come al solito, attendevo con ansia il tuo giudizio, lo sai. Menomale, non sapevo se era il caso di continuare :imbarasso: Grazie mille *________* ecco un'altra Muse.


BlisterMuse III

“Blame it on apartheid”

Stasera facciamo qualcosa di diverso, hai detto. Perchè devo sempre assecondarti?
Mi hai voluto portare in un posto, è poco lontano da qui, hai detto, solo due isolati.
E' mezzanotte passata Jess, è mezzanotte passata. Non importa.
I marciapiedi sono bagnati, si scivola, è la solita umida notte londinese, mentre cammini e mi trascini parli,
parli a non finire, della società emarginata, di come stiamo andando a finire, è colpa dell'apartheid dici, è colpa di questa depressione generale. “Si può sapere dove andiamo?” rido.
“No che non si può. Anche perchè forse ho cambiato idea, mi fa freddo Bri, forse ci siamo persi.”
Il tuo tono è tutto fuorchè preoccupato o disperato, sei divertita, rilassata, la semisbornia che hai preso al pub si è lasciata dietro solo l'andamento un po' più musicale del solito della tua voce, con i picchi acuti delle vocali, lo strascico delle sillabe finali.
“Raccontami una storia.”
Siamo seduti sul bordo della strada, in piena notte, i lampioni rischiarano appena le nostre menti umide del tempo, la foschia dei sensi, mentre ti racconto ancora delle drum machines di mio nonno e delle atmosfere antiche che sanno di buono. La pelle è appiccicosa, come questo nostro rapporto, l'appiccicoso di una dolcezza che però non stucca ne stuccherà ancora per un po'. Stai tremando Jess, cazzo, mai che ti venga in mente di portarti un giacchetto. “Hai ragione papà” lo dici con una vocina contraffatta di bambinetta obbediente.
Sei ubriaca, rossa in viso e un po' bagnata, così senza neanche pensarci troppo, ti seguo sulla strada e mi fermo al Jimmy Choo's, scassino la porta e ti prendo delle coperte firmate.
Adesso sei tremendamente buffa, mentre cammini con addosso tre coperte di lana variopinte, affatto stupita del mio atto di devozione, io che sono entrato a rubare qualcosa solo per te. Questa tua impassibilità mi fa soltanto impazzire di più. “C'è la polizia, Brian, ci sono gli sbirri!” ridacchi mentre lo dici, a voce alta, come se niente fosse, come ispirata da quei polizieschi assurdi. E ineffetti sì, due poliziotti di ronda stanno venendo verso di noi, ignari ci raggiungono, e mentre prego che non notino l'ebbrezza della mia accompagnatrice, nè tanto meno le coperte che indossa per poi fare due più due, ci superano senza problemi. Quando sono ormai a più di cinquanta metri, ricominci, estatica “Tesoro seguiamoli, ti prego, seguiamoli fino a casa e derubiamoli!” Non stai delirando, sorridi, sorridi e basta, un po' infantile è un po' furbetta. “Un'altra volta Jess. E' tardi, torniamo a casa adesso.”
“E poi dormiamo?”
“Certo, se vuoi dormiremo, solo se non avrai voglia di fare qualsiasi altra cosa.”
Ridi:
“Adesso siamo d'accordo.”

___



Ulteriore N.B: Non tutte le BlisterMuse sono uguali. Non tutte hanno le stesse atmosfere, NON TUTTE sono scritte in prima persona o sono ispirate fedelmente al testo di un'unica canzone, il fatto che le prime tre siano più o meno uguali da questi punti di vista è solo casuale, le sorprese arrivano per strada. :ghghgh: (e non sono solo queste ma non va detto sennò che sorpresa dimmerda è?) :yeah:
Peace and PlaceboLove :ihih:

Edited by arual66 - 5/1/2012, 23:38
 
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Hannah With The Beatles
view post Posted on 15/5/2011, 12:09     +1   -1




Bellissima anche questa storia. Adoro il tuo modo di scrivere, oramai lo sai! :kisses:
 
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arual66
view post Posted on 19/5/2011, 10:42     +1   -1




BlisterMuse IV

“Farewell the ashtray girl”

Era la ragazza posacenere perchè raccoglieva i mozziconi di sigaretta del mondo.
Non l'avevo mai vista fino a quel giorno, era costantemente sola.
Un po' matta, dicevano di lei.
Leggeva gli scontrini che trovava per strada, dicevano anche, tutti.
Aveva sempre una vaschetta di lamponi freschi con sé, da mangiare quando voleva e una vecchia polaroid color turchese acceso.
Io però non l'avevo mai vista.
Non viene spesso, a scuola. Quasi mai, mi spiegava Stef.
Lui la conosceva perchè abitavano vicini, diceva che ogni mattina comprava i lamponi dal fruttivendolo di fronte a casa, la bancarella delle primizie.
Quel giorno sedeva nel metro di fronte alla fila dei posti più numerosi,ovviamente in un posto singolo.
Aveva una pochette sulle ginocchia, leggeva un libro che vi aveva appoggiato sopra e ogni tanto pescava qualcosa dalla pochette, e portava due dita alla bocca.
Fra pollice e indice e le due unghie laccate di marrone scuro spiccava il rosso di un minuscolo lampone, del colore delle sue labbra.
Pareva disegnata a pastelli ed era meravigliosa.
Gli occhi scuri, cupissimi e fugaci, bistrati di nero e un caschetto scomposto di capelli ondulati.
Cercavo di leggere il Rolling Stones che avevo scaltramente tirato fuori dalla mia tracolla, ma non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Era interessante, minuta.
Sexy.

Arrivato a casa non potei fare a meno di pensarci, la ragazza posacenere doveva avere un nome, una vita, un'essenza e una voce. Volevo parlarle, conoscerla.
Chiamai Stef:
“Brian,che cazzo..?”
“Come si chiama?”
“Eh? Ma cosa...”
La sua voce era stanca, assonnata, probabilmente l'avevo svegliato.
Cazzo, ma è possibile dormire a mezzogiorno?
“Cazzo, Stef come si chiama? La...la ragazza posacen...quella lì!”
“Aaah. Spiegati allora!”
Mio malgardo, risi.
“Abita vicino a te, ritardato. Saprai come si chiama no?”
“Ma Bri porcaputtana, non ci ho mai parlato...comunque mi pare sia Alison, o Madison...non ne sono sicuro.
Il cognome non lo so. Se desideri così tanto saperlo andrò a controllare tutti i campanelli dei miei vicini solo per te, tesoro.”
Scoppiai a ridere, il suo tono era troppo divertente.
“Grazie stupida checca, torna a dormire.”
“Volentieri”
Riagganciò ridacchiando.
Sapeva che l'inizio di una mia fissazione si sarebbe tradotto anche come principio di una pura fonte di divertimento per lui.
Finchè sarebbe durata,ovvio. Si trattava solo di qualche giorno.
O qualche settimana.

Alison/Madison sedeva di nuovo nel metrò, stavolta era troppo lontana, nell'altra carrozza.
Riuscivo a vederla attraverso il vetro rotondo posto sulla porta di separazione.
Dovevo avvicinarmi.
Cercando di mantenere l'equilibrio sul mezzo in corsa, raggiunsi la porta cercando di passare inosservato.
Ma, come al solito, era troppo pesante, e mi si richiuse dietro sbattendo decisamente troppo forte.
Come previsto, si alzarono diverse teste, compresa la sua.
Fanculo.
Quegli occhi stupiti mi si incollarono addosso, fortunatamente per meno di cinque secondi, e tornarono sul libro che aveva in grembo.
Avevo deciso, ormai il danno era fatto, valeva la pena rischiare.
I posti intorno a lei erano tutti vuoti, mi accomodai sul seggiolino di fronte al suo, per quanto fosse ancora troppo lontano per i miei gusti.
Ma era ovvio, si era scelta il posto più inavvicinabile di tutti.
La sua figurina oscura e graziosa e i suoi occhi concentrati parevano urlare al mondo circostante un “lasciatemi in pace, sto davvero bene così” fin troppo evidente.
Bastavo io per violare quell'esortazione silenziosa.
“Scusa?”
ovviamente,non pensava mi rivolgessi a lei.
Qualche testa curiosa di prima si voltò di nuovo, subito respinta dal mio sguardo volutamente feroce da pazzoide maniaco. (che lei non poteva vedere, ancora incollata alla sua lettura. Tutto calcolato).
“Hey, scusami...” sussurrai di nuovo, più piano, passandole una mano davanti agli occhi.
“Uh?”
Fu tutto quello che emise. Un versetto, un tenuissimo suono sorpreso e vezzoso.
“Spero di non farti paura” dissi sorridendo.
Lei era irremovibile. Si limitava a fissarmi con due occhioni spalancati color mora.
Anche da quella distanza, mi sembrava di poter contare quelle ciglia lunghissime e folte, una ad una.
“Andiamo a scuola insieme, io e te. Forse non mi hai mai visto...”
Niente.
La cosa iniziava ad essere imbarazzante, perfino per me.
“Sono Brian Molko comunque.”
Bambolina muta.
“Ecco..tu, come ti chiami?”
Finalmente prese aria da una flessura minuscola fra le labbra.
Mi era parso che si fosse fermato il tempo, che avesse smesso anche di respirare.
Alison o Madison? Era questo l'interrogativo che mi martellava la testa.
Poteva essere Alison, lei aveva un viso da Alison. Madison no, non era adatto.
Troppo...troppo gay, forse.
Alison, decisamente.
O magari nessuno dei due. Stef poteva sbagliare.
“Alison.” disse pianissimo.
Lo sapevo.
“Alison Mosshart”
Quel secondo intervento fu più udibile, aveva una voce calda, ma vibrante, tutt'altro che flebile.
“Oh, Alison, potrei chiederti...dove scendi?”
Sorrisi ancora, le avevo posto la domanda con il mio teatrale intercalare da gentiluomo belga.
O meglio, da imitatore di gentiluomo belga.
“Fra due fermate, Piccadilly Circus.”
Strano, Stef stava molto più avanti, non lontano dalla mia zona.
Neanche così strano dopo tutto, dedussi dalla sua spiegazione concisa:
“Pranzo fuori, c'è il mio ristorante preferito, proprio dietro la piazza.
Se ti piace la carne fanno una bistecca deliziosa.”
Scoppiai in una risata fragorosa che mi trasformò automaticamente nell'elemento più attira figure di merda di tutto il tram, nonché nel pazzoide schizofrenico che ormai tutti i passeggeri credevano di avere di fronte.
Tutti tranne una placidissima e impassibile Alison.
“Vuoi venire anche tu?”
Forse era solo un'altra, un'altra più pazza di me.


Piccadilly Circus era semivuota.
O semipiena.
Alison mi guidò fino al ristorante.
Mangiammo molto bene, e poi, senza neanche accorgercene era già il momento di riprendere il metrò.
Avremmo dovuto fare ancora molte fermate insieme,lei sarebbe scesa solo una fermata prima di me.
Ci sedemmo accanto, nei posti a due.
Non parlammo, ci guardammo, e basta.
Io la guardavo.
A una fermata prima di Ravenscout Park, la sua, notai che aveva qualcosa di strano.
Le sue ciglia erano imperlate di goccioline e le iridi liquide.
Stava piangendo?
“Cosa...che hai?”
chiesi, cercando di non fare l'invadente.
“Non posso tornare a casa!” singhiozzò forte lei, facendomi sobbalzare.
Attiravamo di nuovo l'attenzione generale.
“E perchè mai?”
“Sono sola.” continuava a singhiozzare imbronciata, era straordinariamente buffa.
“Sono sempre così sola!”
“Anche io sono solo” ridevo, la sua espressione era capricciosa e comicissima.
Iniziò a ridere anche lei.
Stavamo ridendo come due bambini, senza un motivo apparente.
“Dovremmo farci compagnia forse.”
Ormai Ravenscourt era passata, scendemmo a Hammersmith.
Chancellor's Street non era poi così vicina, ma il tempo volò.
Iniziai a baciarla sulla porta di casa.
Chiuso il portone nell'ingresso, con le chiavi in mano, la stavo ancora baciando.
Non aveva chiuso gli occhi, le sue labbra erano ancora più morbide di quanto mi aspettassi.
Era salata di lacrime, era buona.
Non piangeva più, era felice.
“Un lampone?” pescava avidamente dalla vaschetta, più lamponi alla volta, me li ficcava tutti in bocca e rideva, rideva a non finire.
“Sei sporco di rosa, sei rosa dappertutto” mi posò un bacio sul mento.

Da quel giorno io e Alison Mosshart ci vedevamo spesso, si può dire che uscissimo insieme. Lei era eccentrica, eterea e maliziosa allo stesso tempo, una Musa per eccellenza pur non essendo una diva.
Era questo che la rendeva ancor più interessante.
Strano a dirsi, fu lei a “lasciarmi”.
Partì all'improvviso, senza salutarmi, senza salutare nessuno, senza lasciare tracce di sé da nessuna parte.
Persino Stef affermava di non vederla più.
Era sparita, così, come una piuma spazzata via da una folata di vento improvvisa.
Tornato a casa però, in quel giorno di inquietante vuotezza, un giorno di scuola in cui Alison e i suoi lamponi non inebriavano più l'aria, trovai qualcosa sotto la porta.
Era una foto, sviuluppata da tempo a giudicare dalla patinatura sbiadita.
Ritraeva una figura nel buio, da dietro, si intravedeva solo una schiena nera e una nuvola spettinata di capelli e fumo all'altezza della testa. La schiena era nuda, e un libro aperto era posato a faccia in giù su quello che poteva essere il pavimento o il letto, vicino all'ombra.
Era chiaro.
Alison era andata, partita per sempre, o forse no.
Sicuramente però, capii di essere solo un'altra manciata di cenere sul suo petto, un'altro misero mozzicone, neanche intero, del mondo.
Nient'altro.

___

NOTE: Mi scuso per aver utilizzato il nome di una grande cantante (nonchè collaboratrice dei Placebo nella meravigliosa Meds). La scelta è dovuta semplicemente a questioni di gusto per il "battesimo dei personaggi" e stima verso la donna in questione. Baci!
 
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Hannah With The Beatles
view post Posted on 5/6/2011, 16:32     +1   -1




CITAZIONE
Era sparita, così, come una piuma spazzata via da una folata di vento improvvisa.

Che paragone divino.
Meravigliosa storia... sarà anche il mio stato d'animo, ma le tue storie mi lasciano addosso
sempre un senso di malinconia che mi piace tanto...
 
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arual66
view post Posted on 23/6/2011, 10:52     +1   -1




Grazie ancora Hannah, penso sia anche il mio stato d'animo a condizionare ciò che scrivo

BlisterMuse V

“Plastic Venus”

Non c'è molto movimento stasera, nonostante sia la escort più richiesta dello Sleeping Beauty Motel.
Myiu Kosuki, continuano a chiedere. Sono rinomata, lo so. Ma non so quanto mi piaccia alla fin fine, questo clima di notti ultimamente sempre più piene di lavoro.
_

Parlano tutti di questa Myiu, la Dea Cinese del Sesso.
Non che sia giunto allo Sleeping Beauty per lei come la maggior parte di questi maturi sexaddicted o dei semplici giovani lavoratori in cerca di nuove esperienze che mi circondano.
Stasera sono stato a bere con Steve e Stef in un paesino fuori Londra suggerito da Stef, che si è rivelato un po' troppo fuori e abbiamo finito per doverci fermare. O meglio, Stef era veramente troppo ubriaco per guidare, ha dovuto accompagnarlo Steve con la sua macchina, io non ero poi del tutto sobrio, e soprattutto ho dormito troppo poco la notte scorsa. Londra pareva davvero lontana, così ho deciso di fermarmi qui.
Non ho idea del perchè stia spiattellando tutto ciò allo stewart della reception, fatto sta che mi ha trovato una camera, mi ha messo direttamente il mazzo di chiavi in mano, non vedeva l'ora di zittirmi questo biondino rileccato, con il suo gilet e il suo silevidaipiedinonhotempodaperdere e magari anche un toh,questoèpuremezzofinocchio.
Il mezzo finocchio ha soltanto sonno adesso,però.
O forse no, forse una visitina da Myiu non la scarterebbe del tutto.
“Stasera è fortunato” sorride stucchevole lo stewart , con un bagliore speranzoso a forma di sterlina nelle pupille “nottata libera,o quasi, per Miss Kosuki.”
Riprovevole, quasi ripugnante l'appellativo protocollistico riferito a quella che resta comunque una puttana senza mezzi termini. Di lusso, ma pur sempre una puttana.
_

Un cliente.
Perfetto, anche per stasera a monte la mia nottata libera.
Sarà meglio mettersi in tenuta da lavoro, dovrò mettere il babydoll bianco, quello nero è giù in tintoria.
Dovrò riprenderlo prima o poi.
Mi chiedo come sarà, l'Uomo. Se il vecchio in tempesta ormonale, il quarantenne ridicolo che si sente uno stallone, l'adolescente inesperto e curioso. Spero nel terzo, sarebbe meno monotono.
“Checca” è stata l'unica descrizione datami da Laurence. Strano, stranissimo in effetti che una checca mi aspetti in camera da letto.
_

Mentre vado ad aprire penso che probabilmente questa nottata sarà degna di una canzone.
O, per lo meno, di rimanere nella storia degli incontri occasionali di Brian Molko, ultimamente un po' troppo scarsi.
Dall'uscio si affaccia una donna interessante, giovane ma adulta nell'aspetto, avvolta in una nuvola di babydoll avorio.
“Mister Molko?”
I suoi occhi a mandorla mi sfiorano appena, quasi timidi, con uno sguardo che è in contrasto con tutto il resto.
Senza soffermarmi unicamente sugli occhi, le rispondo: “Miss Kosuki?”
“Sì. Chiamami Myiu.”
E' nettamente più alta di me, forse per quei tacchi a spillo lucidissimi, ha quei lineamenti che paiono bionici tipici degli asiatici, lei tutta sembra finta, un corpo perfetto, una venere di plastica.
Si posa sul copriletto bianco, la sua carnagione spicca, quasi scura. Accende una sigaretta lunga e sottile.
“Non ti spiace se fumo, uh?” chiede con assoluta noncuranza.
Se anche mi fosse dispiaciuto...
Restiamo in silenzio finchè Myiu non finisce di schiccherare la cenere rimanente sulla lussuosa moquette.
“Allora, c'è qualcosa che preferisci in particolare?”
Scoppio a ridere. Il sesso in vendita è così ridicolo e allo stesso tempo così allettante.
Deve averlo preso per un no, perchè inizia a slacciarsi il corsetto con gesti lenti e meticolosi.
Quando si è sfilata la giarrettiera, io sono ancora in jeans e camicia.
Volevo godermi il mio spogliarello personale, altra pratica affascinante.
Leggo spesso, in certe insulse riviste femminili, di ragazze che scrivono le loro idee per fare impazzire il fidanzato a letto, con un bourlesque appositamente studiato o lingerie di pizzo.
Io continuo a credere che il sesso di classe riesca solo alle prostitute. Solo loro riescono a inserirci lo stile.
E non solo perchè è il loro mestiere.
Loro non hanno il problema dell'amore.

Mi sveglio dopo meno di un'ora sul suo petto morbidissimo, la pelle sa di fumo e acqua di colonia aromatizzata alla rosa. Lei dorme, o almeno così pare.
Così mi pareva, perchè infatti apre gli occhi.
Colgo l'occasione per farle la domanda che avevo intenzione di rivolgerle da tutto il tempo:
“Myiu, com'è il tuo lavoro?”
Mi guarda.
Le sue pupille annegano in una sorta di miele liquido, sono occhi meravigliosi e spietati.
“Insomma, cosa si prova ad essere una puttana?”
“Non è divertente.” esordisce, vagamente contrariata, e non capisco se si riferisca alla sfacciataggine della domanda o alla sua professione.
“Sai...com'è che ti chiami? B..Brandon...Brian?”
“Brian.”
“Vedi Brian, ci si convive. E ci si prende anche gusto, se è quello che t'interessa sapere.
Poi i giorni passano come per qualsiasi altra persona che lavora, respira, cammina sulla stessa strada.”
Ha un modo di parlare lievemente banale,pullula di frasi fatte e clichè, ma ha una forza tutta sua.
“Succedono tante cose, e non ne succedono altrettante. Poi magari vorresti che succedessero quelle che non sono successe e che quel che ti è accaduto per sorte o per impegno non fosse mai avvenuto.
I clienti vanno e vengono, ci sono i periodi di crisi come in qualsiasi altro lavoro, non c'è mai spazio per l'amore. Ma chi ne ha bisogno? Tu hai bisogno dell'amore,Brian? Non è una cosa di cui non si può fare a meno come l'aria, o il fumo.” Non mi lascia rispondere alle sue domande retoriche, continua a parlare, le risposte non le interessano. Ma nonostante il ritmo incessante, la sua voce è ferma e suadente.
“Ci sono anche dei momenti in cui mi sento strana.” fa una breve pausa.
“Smarrita, quasi. Mi succede spesso, inizio a perdere l'equilibrio delle cose che mi circondano, sento che non c'entro più in niente e che l'unica cosa per uscirne sarebbe farla finita o fuggire lontano, ma non posso. Sai cosa faccio quando mi sento così? Lo vuoi sapere, eh, Brian?”
Questa volta si ferma, aspetta una risposta.
Noto che è concitata, la voce è cresciuta e sento che trema leggermente.
“Certo.” rispondo io.
“Quando mi succede, tornata da uno dei miei ultimi incontri oppure in bagno quando mi scappa la pipì dopo aver dormito un po', corro da Clarice. Clarice è la ragazza di colore che divide la stanza con me, lei è meno richiesta e spesso può dormire di più la notte. Mi intrufolo nel suo letto matrimoniale, e la sveglio, e le chiedo di abbracciarmi forte forte. Spesso, quando la sveglio di soprassalto dal suo sonno così tranquillo, mi lancia qualche insulto contro, ma è sempre così dolce, e sempre mi stringe forte e a lungo, finchè non le dico che è passata e lei si riaddormenta. Ma non è mai passata, Brian, io non dormo e resto a guardare Clarice che sembra la creatura più beata del mondo, e mi chiedo perchè io non posso fare come lei.
Rimango tutta la notte nel suo letto, non chiudo occhio finchè la luce bianca non s'intrufola nelle flessure fra le tapparelle, e allora, forse, dormo un po'. Però la sensazione non se ne va e mi rimane incollata addosso, pronta a riattaccarmi al momento opportuno.”
Strano, con tutto quello che ha detto, mi aspettavo piangesse a dirotto.
Invece nemmeno una lacrima, una misera lacrima.
Respiro su una delle sue spalle, e per un po' mi assopisco.

“Brian, Brian, svegliati.”
“Myiu” sussurro, assonnato.
“Mi sta succedendo, adesso!” esclama, forte.
“Cosa...che..?”
“Brian, ti ho detto prima...Brian ti prego!”
Adesso è quasi disperata.
“Non capisco, cosa...cosa devo fare?” chiedo confuso.
“Abbracciami, per favore.”
Queste ultime parole le pronuncia lentamente, non più esagitata come prima, quasi per paura che non potessi comprenderle. Come quando si danno delle istruzioni a un bambino.
Obbedisco, e l'abbraccio dal basso, con la testa poco sopra il suo grembo, e sento il suo cuore dalla pancia.
Batte veloce, ma deciso.
Myiu trema.
Alzo di poco il viso per vedere il suo.
Myiu piange, e non ho mai ricordato un pianto più silenzioso e più violento al tempo stesso.
Myiu piange e non smette, e io mi riaddormento, mi sveglio e non c'è più.
Non si è fatta neanche pagare.

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Edited by arual66 - 5/1/2012, 23:32
 
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Hannah With The Beatles
view post Posted on 23/6/2011, 11:02     +1   -1




Adoro come scrivi, adoro le storie, adoro i personaggi e adoro il 'tuo' Brian.
Te lo dirò ogni volta, mi sa.
 
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rebelrebel`
view post Posted on 17/7/2011, 19:19     +1   -1




Farewell the ashtray girl e Blame it on apartheid sono quelle che preferisco, senza nulla togliere alle altre.
Scrivi molto bene, mi piace il tuo stile ;)
 
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arual66
view post Posted on 19/7/2011, 11:02     +1   -1




Ulallà grazie mille! :sosweeet:
 
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9 replies since 5/5/2011, 19:21   306 views
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