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Taste in Men-Torna indietro, Qui per la prima volta Cody xD

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Blood_Sugar
view post Posted on 20/7/2010, 19:29     +1   -1




Ciao donzelle.
Questa è la prima ff che scrivo nella quale ci sono anche Helena e Cody. Non so ancora bene come gestirli, ho fatto quello che potevo xD Anche perché per me è piuttosto strano narrare con la voce di un Brian-padre. Lol.
Bando alle ciance, spero vi piaccia.
Ah, questa è compiuta, manca solo l'ultimo capitolo, quindi prometto di non lasciarvi appese xD (E intanto pensano "ma chi te legge"XD)
In spoiler alcuni avvertimenti che mi sento in obbligo di fare.
SPOILER (click to view)
Attenzione gente! Brian Molko, Stefan Olsdal, Steve Forrest, Cody Molko e Helena Berg non mi appartengono. Vorrei fosse il contrario :asd: Ftion invece è un mio personaggio, un po' stravagante e surreale lo ammetto xD Ma le voglio bene <3
Scrivo non a scopo di lucro, niente e nessuno mi paga x) Scrivo invece per passione, hobby e divertimento.
E nella speranza di sputare pezzi di anima nelle righe.

Baciuzzoli!


1
Direzioni diverse



[Stef]

E’ la cosa migliore, Stef, credimi.
Mi ritornava sempre in mente quella frase, rimbalzava come una palla di ferro dalla mente e al cuore. Non un “mi dispiace”, non un “scusa” almeno per fingere che fosse così, che davvero fosse una scelta presa con dolore, neanche per farla sembrare un incredibile sacrificio. Pareva che a Brian non fosse mai importato. E ora non sapevo che cosa pensare. Volevo solo tornasse indietro, anche mentre guardavo la mattinata uggiosa di Londra schiacciarsi umida contro i vetri della piccola cucina.
Ma neanche una parola di perdono avrebbe potuto cambiare quel dolore e mutarlo in resa. Non mi sarei mai potuto arrendere. Lo avevo già fatto diversi anni prima, quando avevo accettato che Brian si intrufolasse come un gatto famelico nel mio letto. Allora non avevo immaginato che quella sarebbe stata la tragica piacevole inaugurazione di un lutto dell’anima. A quel tempo non avrei mai potuto intuire il pericolo di quegli occhi lucidi come un’aurora boreale, altrettanto gelidi, seppure meravigliosi.
Un inganno.
Ero del tutto solo, forse con lui accanto lo ero sempre stato.
Presi a fumare grattandomi con lentezza snervante la nuca rasata. Ma a quell’attacco di dolore e malinconia concessi il tempo di una sigaretta. La spensi nel posacenere bianco e mi misi a preparare il caffè.
“Stef Stef!”
Sentii quell’urlo isterico ancor prima che la porta si spalancasse e una trottola impazzita si dirigesse verso di me. Mi voltai in tempo per essere travolto da quell’abbraccio improvviso e rapido.
Quella stupida ragazzina dai capelli biondo platino e la magrezza di un’immatura modella iniziò a saltellare contenta.
“Stef, oddio Stef non puoi capire!”
“Infatti non capisco” risposi calmo.
Si accigliò, mettendo un broncio che a un tratto mi ricordò Brian, con una stretta al cuore che mi sbrigai a sciogliere.
“Uffa, sempre così serio tu! Guarda cos’ho! Guarda!”
“Ftion, cosa devo guardare?”
Mi mostrò la maglietta che aveva indosso, tirandola ai bordi e sorridendo compiaciuta. Raffigurava Kurt Cobain preso in un attimo di riflessione, architettata o naturale che fosse. La t-shirt nera gli andava un po’ troppo lunga, facendo sembrare Ftion ancora più magra e gracile. Eppure era animata da una vitalità spaventosa. Non ricordavo di averla mai vista stanca.
“L’ho trovata finalmente, non è fantastica?”
Si voltò e mostrò la schiena.
“Qui c’è la lettera che scrisse prima di ammazzarsi, non è fantasticamente da urlo?”
Sospirai. Un sorriso divertito mi sgorgò sulle labbra come una lacrima da occhi troppo aridi.
“Sì, Ftion, è fantastica.”
Sorrise come se avesse ricevuto un complimento inatteso.
Mi schioccò un bacio sulla guancia, sollevandosi non poco, mentre la lasciavo fare chinandomi per venirle incontro.
“Grazie, Stefy!”
“Non chiamarmi così” risposi scocciato, girandomi verso il caffè che ribolliva impaziente.
Ftion scoppiò a ridere per chissà quale motivo e corse in camera mia ad ammirare la sua nuova maglia, nel grande specchio a muro.
“Wow” la sentii urlare attraverso il muro in comune con la cucina, che praticamente era un tutt’uno col salotto.
Conoscevo Ftion da quando un giorno si era intrufolata nei camerini dopo un concerto. Si era buttata addosso a me con uno scoppio di risata che aveva soffocato nella mia gola, baciandomi energicamente. Tutti si erano sorpresi della facilità con la quale quella ragazzina mi aveva stretto le braccia intorno al collo, attirandomi a sé malgrado la differenza evidente di statura e forza. Da allora mi seguiva ovunque, non sembrava avere né una casa né una vita né particolari interessi. Cambiava idolo musicale ogni cambio di luna e sembrava muoversi sull’onda di un’energia tutta sua.
Eppure gli avevo spiegato che non andavo con le groupie, che non ero interessato alle ragazze, ma Ftion aveva semplicemente risposto con uno sbuffo. “Stupido, questo lo so!” aveva detto strusciando quella “s”. “ Cosa credi? Io so tutto di voi. Intendo tutto” aveva aggiunto fissando Brian.
Mi ero sentito tremendamente in imbarazzo.
Ma non aveva spiegato cosa avesse in mente, tuttavia cominciavo a dubitare che in quella testolina avesse qualcosa di sensato.
A questi ricordi, che avevano come sottofondo i fischi di esultanza di Ftion, scossi la testa e sorseggiai il caffè, riuscendo per un attimo a non sentire in quell’aroma il profumo delle mattine in cui mi ero svegliato accanto al corpo nudo di Brian.
Ma dovevo rassegnarmi.
Lui aveva scelto Helena.
Lo amavo ancora.

[Brian]

Ti odio.
Erano bastate queste due parole a far piombare nelle ossa come un macigno tutta la sicurezza che avevo avuto nella mia scelta. Ricordavo bene lo sguardo furente di Stefan, continuavo a vederlo ovunque. Ma quella scia bastarda di dolore in quelle chiazze nere scintillanti mi aveva ferito ancor più. Il mio compagno di tante notti e innumerevoli pianti mi aveva lasciato sbattendo la porta, uscendomi così dal petto, a forza di martellate.
Presi la tazza di caffè e andai a sedermi sul divano di quel grazioso appartamento, attraversando con passi lenti il salotto.
Affianco a me Cody giocava tranquillo, rompendo il silenzio ogni tanto con qualche esclamazione senza significato. Eppure quei suoni gutturali erano l’unica cosa che volevo avesse importanza. Ero pieno di pensieri, di risentimento, di pentimento, di dolore, di paura, di odio…verso me stesso.
Posai la tazza sul tavolino, abbastanza alto perché il piccolo non ci arrivasse con le manine, poi poggiai il palmo sui capelli ricci di Cody. Lo vidi alzare la testa e ridere cercando di liberarsi da quel contatto.
Sorrisi.
Non era Helena che avevo scelto, ma quella risata infantile, quegli occhi grandi, quell’amore.
Cody mi amava incondizionatamente, non potevo non ricambiare. Helena all’inizio era addirittura gelosa, sia di uno che dell’altro, ma mi confessò che la gioia sul mio viso quando tenevo in braccio Cody le riempiva ogni volta il cuore, tanto da dimenticare tutto.
Eppure mi mancava qualcosa...
Quell’amore, quella felicità, quelle risate avevano il colore di una bella giornata d’estate, la sensazione dell’erba riscaldata sotto la nuca, l’odore dei fiori schiusi. Ma avevo nostalgia del freddo rude della sconsideratezza, del ghiaccio graffiante dell’alcol, mi mancava quel Brian assurdamente incosciente.
Il calore e la sicurezza della famiglia mi spaventavano, a volte, e desideravo ardentemente tornare alla rassicurante precarietà di relazioni con un breve futuro sciolto al sole, come la brina sulle ringhiere londinesi.
Soprattutto mi mancava Stefan.
“Ma ho fatto la mia scelta” bisbigliai.
“Eh?” chiese Cody girando la testa senza capire, dimenticando un attimo dopo e tornando ai suoi giochi.
Mi sarebbe piaciuto riuscire a cancellare Stefan così, con una scossa di testa e un nuovo gioco a cui dedicarmi.
Ma per me nulla era più un gioco.
Questa forse era una delle cose che più m mancavano.
Desideravo ancora Stefan, nulla l’avrebbe cancellato.
E nessuno.
 
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°S p i t e & M a l i c e°
view post Posted on 21/7/2010, 18:51     +1   -1




Bella! Bella! Bella! Cavolo se è bella *_______________*
Mi piace molto il modo in cui hai visto Stefan e Brian, sìsì!!

Ma dico.. come fate ad essere tutte così brave?
 
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apathetic_amber
view post Posted on 21/7/2010, 19:22     +1   -1




Meraviglia. Non oso dire altro.
 
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Blood_Sugar
view post Posted on 21/7/2010, 20:19     +1   -1




Grazie, grazie infinite =D
Metto il secondo capitolo.
E mi rendo conto di una cosa, più scrivo di loro e più lo realizzo: io adoro Stef.



2
Semplice non esserci



[Stef]
Un altro bicchiere di vino, un’altra ora di quella serata che andava scivolando nel nulla.
Ftion era ad un concerto punk con la sua nuova t-shirt. Aveva cercato di convincermi a seguirla, ma avevo rifiutato risoluto. Volevo stare da solo, più di quanto non fossi già. Non mi piaceva mentire, fingere di stare bene. Quello che invece a Brian riusciva facile.
Con uno scatto della mano colpii il bicchiere che avevo davanti, facendolo frantumare a terra. Sbalordito dal mio stesso gesto, mi strinsi la testa, respirando affannosamente. Non riuscivo a capire cosa mi prendesse, avevo bisogno di sfogarmi, o forse solo di calmarmi. Preferii la prima.
Senza rendermene conto afferrai il cellulare e composi il numero.
Lo cancellai in fretta, pentendomi ancor prima di aver fatto qualcosa. Ad un tratto la solitudine della stanza divenne opprimente, straziante, troppo calma e immobile in contrasto col mio spirito rabbioso. Ora mi pentivo di non avere Ftion tra i piedi, o di non essere con lei al concerto a subire un po’ di musica.
Il cellulare squillò e per un attimo tremai, con la paura che potesse essere lui. Dovevo essere sollevato di leggere un altro nome sul display, ma invece mi sentii solo peggio. Almeno la rabbia stava mutando in dolore. Non mi curai del fatto che la vista andava appannandosi e i sensi svanivano in un turbine di torpore affliggente.
“Stef?”
La voce di Steve sembrava preoccupata. Forse era passato troppo tempo e silenzio da quando avevo premuto il tasto verde.
“Sì, Steve, ci sono.”
“Come stai?”
“Tiro avanti.”
Dall’altro capo del telefono Steve rifletté per pochi istanti.
“Se ti serve qualcosa basta che mi chiami, okay? Vengo da te in un attimo, va bene? Sono tuo amico, non dimenticarlo.”
Immaginai il suo sorriso radioso e sincero, non affascinante e intrigante come quello di Brian, ma comunque molto bello. L’avrei ringraziato di cuore se non fossi stato così ubriaco e triste. E penoso, aggiungerei.
“D’accordo. Grazie. Me ne ricorderò.”
“Non ti serve nulla ora?”
“Solo un po’ di sonno.”
“Capisco…allora ciao, Stef.”
“Ciao.”
Chiusi e sbattei il telefonino sul tavolo, poggiandoci malamente anche la testa, finché il mio mondo si restrinse e svanì nel sonno. Ero annebbiato dall’alcol, dal dolore, dalle lacrime che aprivano pozzi dentro me.
Solo un pensiero si trascinava ancora con la mia coscienza, intrattenendola.
Possibile che sotto la telefonata di Steve ci fosse Brian?
Mi addormentai prima di riuscire a trovare una risposta.

[Brian]

Quella chiamata mi raggiunse nel cuore della notte, facendomi sobbalzare. Helena era stesa al mio fianco e prese a muoversi convulsamente. Compreso di che si trattasse, riprese a dormire mormorando qualche lamentela.
Alla seconda chiamata ero abbastanza cosciente per rispondere.
“Chi è?”
“Sono Ftion. Bri aiutami sono senza soldi e devo tornare a casa!” la sentii lamentarsi con la solita esagerazione tragica.
Mi stropicciai un occhio, irritato anche solo da come mi chiamava. Quella ragazzina non sapeva cosa fossero il rispetto e gli spazi altrui, tantomeno aveva minima concezione della confidenza che poteva permettersi.
“Senti non ho che farci, chiama il tuo amico” risposi acido. Il nome di Stefan era ancora un tabù.
Stavo per attaccare quando la risposta mi bloccò.
“Stef non risponde. L’ho chiamato mille volte, ti giuro, ma quello non risponde. Dai Bri non lasciarmi in mezzo alla strada a quest’ora, e se poi mi rapiscono, e se poi…”
“Ok ok ho capito. Dove ti trovi?”
“Davanti al Progredior.”
“Arrivo subito.”
Chiusi la chiamata e rimasi a fissare, nel semibuio illuminato dalla strada, il mio cellulare. Cominciavo a preoccuparmi per Stefan, non era da lui non prendersi cura di qualcuno che ne aveva bisogno, come non era tipico di lui non rispondere al cellulare. Non aveva neanche il sonno pesante, anzi bastava poco a svegliarlo. Almeno quando stavamo insieme. Scossi la testa. Dovevo essere pragmatico.
“Chi era?” chiese Helena con la voce impastata dal sonno.
Non gli permisi di leggermi gli occhi, che sentivo essere carichi di tensione. Non riuscivo a mentire in quello stato.
Le baciai i capelli.
“Un’amica, Hel. E’ rimasta a piedi. Torno subito” risposi sbrigativo, vestendomi in fretta.
Quante volte l’avevo tradita con simili scuse?
“Fai attenzione” mi rispose semplicemente, tornando a dormire.
Sperai tanto che ora non avesse più motivo di dubitare di me. Ma ero sempre stato un bugiardo. Comunque ero tranquillo: se avesse sospettato qualcosa avrei già sentito le sue urla.
Corsi fuori, maledicendo il freddo improvviso.
Mi infilai in auto e guidai fino al locale con in mente mille ipotesi sulle condizioni attuali di Stefan. Me lo immaginai in diversi modi, creai numerosi validi alibi alla sua inadempienza. Ma nessuno di questi mi calmò, anzi come mio solito finivo in pensieri che alimentavano l’ansia e i sospetti.
Lo dovevo ammettere, avevo una paura fottuta.

+++



Grazie.
 
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°S p i t e & M a l i c e°
view post Posted on 21/7/2010, 20:29     +1   -1




*______________________________*
Aspetto gli altri capitoli, mi sono appassionata troppo *____*
 
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Blood_Sugar
view post Posted on 21/7/2010, 20:35     +1   -1




CITAZIONE (°S p i t e & M a l i c e° @ 21/7/2010, 21:29)
*______________________________*
Aspetto gli altri capitoli, mi sono appassionata troppo *____*

Grazie mille cara image
 
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Blood_Sugar
view post Posted on 22/7/2010, 20:02     +1   -1




Aggiungo due capitoli, in cui la situazione di Brian e quella di Stef cambia. Perché l'assenza, la privazione, distruggono.

3
Piomba il vuoto



[Brian]

Mi aspettavo di sentire l’irritante vocina di Ftion per tutto il viaggio, catapultata in assurdi e inutili discorsi, come suo solito. Invece stranamente fu silenziosa, un termine che mai avrei pensato di accostare a quella faccia da bambina. Si sentiva che anche lei era preoccupata, benché non desse segni di cedimento. Al contrario mi resi conto che io guidavo nervoso, a scatti, stringendo convulsamente il volante, aggiustandomi di continuo i capelli.
Iniziavo a credere che la forza di Ftion non fosse solo energia fisica. Sapeva rimanere vigile, a quanto pareva.
“Sei preoccupato?” chiese ad un tratto, con voce fresca, che non tradiva la minima ansia, ma era già più calma e seria del solito.
“Tu no?” risposi stizzito, rivolgendole una rapida occhiata.
Fissò davanti a sé la strada.
“Sì. Ultimamente è un po’ strano.”
“Strano come?”
“Stefan è sempre strano, come lo sei tu e tutti quelli che conosco” cominciò Ftion, mentre pensavo che se davvero fosse stata intelligente sarebbe giunta alla conclusione che era lei a funzionare diversamente. “Però in quest’ultima settimana lo è ancora di più. Non ci sto a contatto tutto il giorno, sai che mi piace girare per negozi e locali. Ma so che compra molto vino e quando torno a casa non ce n’è mai un goccio per me.”
Sentii i muscoli tendersi fino a irrigidirmi. Sapevo che voleva dire: Stefan si era dato all’alcol, di nuovo. Quando eravamo giovani e annoiati avevamo provato di tutto, e Stefan non aveva disdegnato nulla. Ero sempre io quello degli eccessi, ma anche lui sapeva andarci pesante, mai fino a rischiare la vita però. Non era mai stato interessato a distruggersi, troppo equilibrato per pensarlo. Era sempre stato amante del vino, fin da quando ci eravamo conosciuti, ma stavolta sembrava diverso. Nessuno avrebbe sospettato che quel gigante buono spesso avesse soffocato nell’alcol il suo malessere.
All’improvviso un’immagine mi colpì con forza sconvolgente: Stefan in coma etilico.
Accelerai furibondo, mentre Ftion rimaneva zitta, forse colpita dalla stessa paura.
Ma non badai a lei, alla strada, ai codici il cui studio mi aveva permesso di avere una patente.
Parcheggiai sotto casa sua in modo casuale e mi precipitai nel suo appartamento, salendo di fretta le scale.
Ftion aprì la porta sicura, ma il tremolio delle mani tradì un leggero stato di ebbrezza e tensione misti.
L’appartamento era di un silenzio assordante.
Sentivo solo il cuore marciarmi nelle orecchie e il fiato corto che cercava un ritmo più regolare e consono alla vita.
Sul tavolo in un angolo della stanza, dove c’era la piccola cucina a parete, spuntava una bottiglia di vino. La esaminai: vuota. Calpestai qualcosa che scricchiolò sotto la suola delle scarpe: vetro rotto, di un bicchiere sicuramente. L’agitazione crebbe tanto quanti erano i pezzettini di vetro in frantumi. Sul ripiano di marmo della cucina c’era un’altra bottiglia quasi vuota.
“In camera non c’è, neanche in bagno. Qui è vuoto” disse Ftion tornando dalla stanza di Stefan.
Non riuscivo a crederci, quindi controllai. Aveva ragione.
Ignorai volutamente il letto ben sistemato. Troppi ricordi, troppi pugni al cuore.
Mi era impossibile pensare a qualunque cosa.
Perlustrai il salotto con lo sguardo, distratto, quando qualcosa attirò la mia attenzione. Sul tavolino all’ingresso c’era il cellulare di Stefan. Le peggiori ipotesi mi assalirono: rapimento, fuga…Stefan steso a morire in una strada. Mi sentii mancare e la nausea mi traboccò in gola.
Corsi a prendere il cellulare, lo sollevai e vidi il pezzo di carta che c’era sotto.
Un biglietto.
Suicidio? Non ebbi il tempo di ragionarci che Ftion me lo strappò di mano. La odiai, prima che un sorriso radioso le si stampasse sul volto.
“Ottime notizie” disse ridendo e riacquistando la solita aura esuberante. “Forse per te non tanto” aggiunse pensierosa, guardandolo a occhi socchiusi, come un bimbo che si atteggia da grande.
Stavolta fui io a strappargli con furia il biglietto dalle mani.
Ftion fece spallucce.
“Grazie Bri, io vado a dormire” disse dirigendosi al bagno.
Lessi agitato quelle parole.
“Sono da Eric. Stef.”
Parole semplici scritte con mano imprecisa, resa tremante dall’alcol.
Aveva un’amante.
Non so se per l’agitazione di poco prima, per la paura provata o il senso di nausea agghiacciante, per qualunque cosa fosse crollai a terra, in ginocchio, raggomitolato su me stesso. Singhiozzai isterico finché non trovai la forza di alzarmi, poggiandomi alla porta.
Con uno scatto la aprii e corsi giù. Dovevo dimenticare tutto.
Non volevo ammettere che Stefan mi mancasse al punto da sentirmi vuoto al suo evidente abbandono.
E tantomeno volevo dire a me stesso che tutto ciò che volevo ora erano le sue braccia.


4
Mancanza di contatto



[Stef]

Mi svegliai e mi resi subito conto che non ero solo. Sentii quel corpo vicino a me e ne presi coscienza ancor prima del mio. Era strano, ma per un attimo mi voltai sorridendo, certo di trovare Brian. Il mio corpo e il mio cuore avevano una dolorosa ma fortissima memoria. Quando mi accorsi che non era lui mi scostai di fretta e mi voltai avvilito.
Ci misi poco a vestirmi e uscire da quell’appartamento. Eric era bravo, energico, biondo come un giovane divo. Ma non era ciò che volevo oltre una notte. Non mi capitava di scappare così da tempo, da quando Brian era diventato l’unico inquilino del mio letto.
Mentre tornavo al mio appartamento in taxi ricordai distrattamente che la prima notte passata con lui era stata sublime e drammaticamente fisica, senza veli. La mattina non ero riuscito a scappare.
Per tempo l’ho creduta la scelta più sensata di tutta la mia vita. Ora mi sembrava la cosa più stupida che avessi potuto fare, perché quel bastardo aveva dato un senso alla mia vita, strappandomelo in pochi attimi.
Dovevo odiarlo.
Eppure, non ci riuscivo.
Poggiai le mani sul sedile di fronte e vi abbandonai la testa. Piansi muto, tanto che il conducente non si accorse di nulla.
Brian mi aveva torturato l’anima, al punto da dissiparla sparpagliandola con malagrazia su un pavimento vuoto e grigio. E ora mi ero perso, non riuscivo a riprendere i miei pezzi.
Quanto ancora durerà? Mi chiesi straziato.
Non riuscivo a capire come mi fossi ridotto così. Forse perché avevo lasciato David per Brian. Non avevo la certezza che mi avrebbe scelto, anzi vivevamo su quel doppio binario continuo senza pensare al futuro, almeno io. Ma col mio compagno era impossibile continuare, non volevo coinvolgere lui. Non anche lui.
Evitavo accuratamente Helena.
Quando avevo visto per la prima volta Cody, in fasce, piccolo e paffuto, con quei grandi occhi che ti bucano dentro come quelli del padre, ma tanto innocenti da renderli privi della stessa volubilità, mi ero sentito riscaldato dentro. Brian lo teneva tra le braccia contento, felice, per una volta davvero. Sorrideva come fosse il giorno più bello della sua vita. Gli andai incontro radioso, ma qualcosa mi era precipitato addosso quando dalla stanza matrimoniale era spuntata Helena, in vestaglia, stupenda come sempre anche in disordine. Li avevo visti stringersi intorno al figlio, provando un’invidia assurda per quella cosa in più che li legava.
Ma poi avevo capito.
Brian non considerava Cody loro figlio. Per lui era suo e basta.
Eravamo riusciti a trattenerci per qualche mese, ma dopo quasi mezzo anno era diventato impossibile. Lui era tornato strisciante nel mio letto.
Riuscivamo a mentire ad Helena solo sostenuti dagli attimi di felicità che godevamo insieme. O meglio, Brian mentiva anche con affascinante e oscura semplicità, io mi limitavo a omettere.
Ero più bravo con i silenzi che con le menzogne. Invece lui…era un maestro. Era ovvio che ci fosse qualcosa di tremendamente sbagliato nella facilità con cui mentiva, con la quale indossava maschere sempre nuove, cambiandole con rapidità sconcertante.
Per un interminabile secondo pensai che avesse usato una maschera anche con me, da sempre.
Ma non riuscivo ad odiarlo, malgrado tutto.
Era questa per me la cosa peggiore.

[Brian]

Non riuscii a tornare subito a casa. Non mi importava di Helena e neanche di Cody. Anzi, era meglio per loro. Dovevo stare un po’ da solo. Avevo portato la mia auto fino a un pub fumoso. Avevo speso un bel po’ di soldi lì, bevendo e lasciandomi andare all’annebbiamento. Nessuno mi avrebbe salvato. Certo non Stef, l’unico in grado di farlo.
Ma riuscii ad uscire ancora in piedi, dopo aver fatto un po’ di casino urlando contro un cameriere distratto che mi aveva versato addosso del whiskey.
Uscii e mi gettai in un locale d’alto rango dove giovani di tutti i tipi, ricchi e affascinanti, sbattevano gli uni contro gli altri. In un angolo un gruppetto stendeva strisce bianche su di un tavolino di vetro che sembrava fatto apposta per quello. Tiravano e si rilassavano sui divanetti di pelle bianca. Qualcuno pomiciava con ragazze dalle lunghe gambe, belle come Ftion ma non altrettanto stravaganti. Mi gettai senza pensarci in quel paradiso, sentendomi per un attimo tornare ai miei favolosi venti anni.
Qualcuno forse mi riconobbe, ma il giorno dopo nessuno l’avrebbe ricordato.
Questo però mi permise di farmi offrire più di quanto potessi pretendere. Tirai fino a non capire più neanche dove fossero i miei piedi, mischiando la lingua con qualcuno che al momento non sapevo se fosse un uomo, una donna o una scimmia moderna.
Mi sentivo un primate stralunato, una fottuta scimmia spaziale, e mi piaceva da matti.
Non so quante ore passai così, prima che tutto sfumasse e perdesse quella sfavillante luminosità.
Mi ritrovai fuori dal locale, a cercare affannosamente dei soldi nelle tasche.

Presi un taxi e pagai bene affinché non mi portasse subito a casa. Feci un giro della città. Ricordo la testa che ruotava penzoloni mentre le luci mi fulminavano gli occhi e la mente, tenendomi sveglio. Cominciai a raccontare tutto al tassista.
E poi, non so come, mi trovai sul divano di casa, steso con la maglietta bagnata e la mente stralunata. Ero caduto di nuovo.

Fui svegliato malamente dalle urla di Helena. Sbarrai gli occhi quando mi sentii strattonare con forza. Riusciva a sorprendermi sempre la sua forza.
“Svegliati, bastardo!”
Ripresi coscienza con una lentezza inesorabile e il primo pensiero fu Stef. Non ricordavo ancora perché, quindi come d’abitudine da un po’ mi limitai a scacciarlo. Ci avrei pensato più tardi.
Mi allontanai dalle mani di Helena e mi misi a sedere, stringendomi la testa tra le mani. Mi faceva male ogni centimetro di corpo, come se fossi passato sotto una pressa, e la mente era troppo pesante perché la mia debolezza potesse opporre resistenza alla gravità che esercitava. Volevo stendermi e non pensare a nulla. Però riuscii a pensare come questa sensazione sgradevole in fondo mi mancasse. Ero proprio diventato un brav’uomo, pensai rabbrividendo. Almeno fino a quella mattina. Cercai di ricostruire i motivi che mi avevano spinto a ricaderci ancora, quando i pensieri vennero spazzati via in un soffio dallo schiaffo di Helena che mi prese in pieno volto.
Alzai uno sguardo interrogativo su di lei. Era furiosa.
“Hel, ma che ti prende?”
Cominciavo a irritarmi anche io. Mi alzai a fatica per contrastarla.
“Me lo chiedi? Come ti permetti? Sei stato dal tuo amico, vero? Hai bevuto con lui? Ti sei drogato? Ci hai fatto sesso, eh?”
La bloccai serrandole i polsi, quasi volessi chiudere i rubinetti delle sue lacrime.
In realtà non ricordavo se l’avessi fatto.
“Smettila, Hel. Non è successo niente di tutto ciò” dissi scandendo bene le parole.
Cominciavo a sentire il peso dei ricordi che improvvisamente avevano preso forma.
La chiamata di Ftion, il vino, Stef, il suo amante.
E poi il pub, l’alcol, la coca. Non sapevo se sentirmi deluso da me, o eccitato. Forse lei aveva ragione: ero ancora un ragazzino. Me lo ripeteva sempre quando litigavamo, o facevamo l’amore.
Ovviamente non avrei detto nulla di tutto ciò a lei.
“Non voglio sentirti, Brian. Non ho intenzione di farmi abbindolare dalle tue menzogne!”
“Hel, te lo giuro.”
Per una volta ero sincero, lei lo capì. Non del tutto certo, ma ora ero certo di non essere andato a letto con Stefan, per quanto lo desiderassi. L’abbracciai e sperai di cancellare il suo rancore. Non potevo darle torto se ancora sospettava di me. Accarezzai i suoi capelli lisci e scuri, che tanto mi avevano ammaliato, sperando di allontanare così una spiacevole quanto interessante sensazione: ora mi sentivo più vivo. Stef, l’alcol, la droga, l’eccitazione…possibile non potessi farne a meno?
Fummo entrambi distratti e allontanati dal pianto di Cody, nell’altra stanza.
Ci guardammo negli occhi e lei, inaspettatamente, sorrise asciugandosi il volto.
“Tranquillo, lo so, vado io” disse allontanandosi.
Sapeva bene il mio modo di fare il padre. Non volevo problemi e responsabilità. Helena meritava di più. Cody meritava un padre più attento. Eppure non lo avrei ceduto per nulla al mondo.
Lui, a dispetto di tutto, era solo mio.
 
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°S p i t e & M a l i c e°
view post Posted on 22/7/2010, 22:38     +1   -1




Meraviglia. Meraviglia pura.

CITAZIONE
non sapevo se fosse un uomo, una donna o una scimmia moderna.

:wub:
 
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view post Posted on 2/8/2010, 20:23     +1   -1

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Stupenda; tristissima e stupenda.
posta, posta
 
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Blood_Sugar
view post Posted on 14/10/2010, 20:26     +1   -1




Grazie davvero a entrambe.
Mi dispiace non finirla, ma non la posterò più. Non cambierò idea, per ora.
Non sono soddisfatta della storia.
 
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9 replies since 20/7/2010, 19:29   283 views
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