| Grazie dei commenti *-* E questo è il nuovo capitolo, spero vi piaccia.
Dodici. - In America ci sono queste grandi porte bianche, che si aprono con i pomelli. Le ho viste in un sacco di film. A casa mia invece, ci sono solo maniglie- Non mi offrì un posto sul suo asciugamano. Affondai le chiappe nella sabbia umida. - E io mi sento… un pomello. Sono stanco di camuffarmi da maniglia, capisci… ehm com’è che ti chiami?- - Brian- - Ah, giusto, si, Brian. Bene, dunque, credo che mi trasferirò in America, troverò una moglie e farò cinque o sei bambini- - Hai già una moglie- - Con tutte le donne americane ne troverò sicuramente una da sposare!- Inclinò la testa, gli occhi fissi sull’orizzonte. - Sarà meglio che cominci a versare il latte in quelle dannate scatole da detersivo che usano loro- - Vincent ma che diavolo blateri?- - Mi verrà il panzone. E sarebbe una cosa positiva, così non potrei tradire più mia moglie. Alle ragazze giovani non piacciono i panzoni. Devo scegliere una squadra di baseball per cui tifare la domenica sera- Ormai parlava a ruota libera, fingendo che non ci fossi. Nonostante l’enfasi che metteva, il suo tono aveva sfumature talmente tristi… come una di quelle favole che non si vivranno mai. - Odio il caos, quindi andrò nella grande fattoria con i trattori, la puzza di merda di vacca, il fieno e il cannocchiale sulla terrazza per ammirare le stelle- alzò la testa al cielo nero e me lo indicò col dito – è una bellissima nottata d’estate, il vento è fresco quanto basta per non soffrire il caldo. La partita di calcio tra amici si è conclusa, una sfiga totale, ci hanno inculato tre goal per colpa di quel nuovo portiere cazzone. Ma non importa, andiamo al bar a scolarci qualche birra e ci ridiamo su. La cameriera è carina, è da un mesetto che la sto puntando. Le chiedo se posso darle un passaggio a casa dopo la chiusura, accetta. Il mio pick up è uno dei modelli più nuovi, probabilmente il più nuovo della città. La bacio per la buonanotte e mi lascia il suo numero di telefono. Canticchio “Hey Jude” e supero i limiti di velocità, tanto a quest’ora lo sceriffo dorme beato. Scendo e mi sembra di camminare su una nuvola, la famosa nuvola degli innamorati. Sono così distratto che non bado al cane che abbaia ripetutamente. Domani mi toccherà una dura giornata dopo la scuola. Dobbiamo irrigare il campo e raccogliere la frutta matura. Sto per andare a letto ma mi accorgo di avere la vescica piena, vado al bagno… i piedi slittano… il pavimento è cosparso di sangue- sospirò profondamente, e allora capii che quella che stavo ascoltando non era una storia inventata. – Entro. Papà si lava le braccia, tingendo il lavandino di rosso. “è stato un incidente, ragazzo” Mamma giace a terra, sventrata, pugnalata. Il terrore dipinto sul suo volto è l’ultimo ricordo che avrò di lei. Non capisco come sia potuto capitare un incidente del genere. Se non sto attento finirò per prendere una scheggia nel piede. Vasi e roba di vetro sono stati scaraventati qua e là. L’assassino pulisce il coltello, si toglie i vestiti macchiati, rimane in mutande e mi guarda mentre piango. “Va’ in camera tua”. Obbedisco e mi chiudo a chiave. Il giorno dopo faccio i bagagli e non gli ho mai più parlato- Fece un colpo di tosse e sussultai lievemente. Ero così dentro il suo racconto che fu quasi doloroso tornare a noi due sulla spiaggia deserta. - Tornerò alla fattoria. Se è ancora vivo lo butterò in un ospizio e mi sistemerò- disse rivolgendomi uno sguardo che non seppi interpretare - Tu verrai con me- Una follia adolescenziale. Ti seguirei in capo al mondo. Si avvicinò. Dall’odore dedussi che non si faceva una doccia da diverso tempo. Ciuffi grassi gli pendevano sulla fronte come una tendina, ma lo trovavo attraente lo stesso. - Sei un drogato- affermò accarezzandomi la schiena – Sei la feccia della società. Il gradino più basso nella scala sociale- Ma? Non c’era un ma. A quanto pare ero solo quello per lui. Non c’era l’altra parte della medaglia. Restai fermo mentre mi faceva stendere a faccia in giù e si abbassava i pantaloni. - Hai fatto bene a venire- sussurrò aggrappandosi all’asciugamano. Provai dolore. Abbastanza da urlare, ma non dissi niente. Quando si sollevò, ansimò per qualche attimo e si rivestì in fretta, come se si fosse ricordato di un impegno improvviso. Mi tese una mano e mi alzai anch’io. - Scusa, sono stato troppo violento. Andiamo a fare una passeggiata- Camminammo in riva al mare piatto. Mi sentivo assurdamente felice. Quanto ci metterà a scomparire di nuovo? Ma che importa, ora è qui. - Vinc, stavi scherzando riguardo l’America, vero?- - Sei la solita checca fifona. Se preferisci restare nella tua casetta sicura, fai pure- - Perché non hai chiesto a Lucy di venire?- - Non voglio distruggere la sua vita preziosa- - La mia sì però- - La tua lo è già- - Perché sei scappato?- - Oh Brian, piantala va bene?- Staccò la mano dalla mia e scrutai il suo viso bianco. Prese a sfregarsi la fronte, la preoccupazione cresceva smisuratamente in un aggrovigliarsi di rughe. - No, non la pianto!- - Fidati, è meglio se non ti impicci di cose più grandi di te!- - Dimmi cos’è che ti spaventa fino a questo punto!- - Qualcuno vuole uccidermi. Ora sei contento?- **
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