| VII Capitolo I’d tear the sun in three, to light up your eyes
Sono senza fiato. Mi devo fermare. Il fiatone mi impedisce di proferir parola. Poi la sua mano afferra la mia. È fredda, vellutata. Il contatto sembra donarmi un po’ d’aria. Ma preferisco non parlare. Mi faccio trascinare. La sua presa è forte e sicura. Mi porta in una specie di parco, credo. Ci sono panchine, tante panchine. Ne sceglie una, e mi porta a sedermi con lei. Anche lei ha l’affanno, ma cerca di nasconderlo. - Come facevi a sapere dov’ero? - - Non lo sapevo. – O forse sì? I suoi occhi scuri mi analizzavano. Io ero perso a memorizzare il suono della sua voce nella testa. - Perché mi hai aiutato? - Perché sono il tuo angelo, da adesso. Un angelo maledetto forse, ma pur sempre un angelo. Illudiamoci, dai. Sta’ zitto. - Secondo de potevo lasciarti lì? Sono un gentiluomo io. - Come no. - Sono sicura che se ci fosse stata qualcun’altra al posto mio, non avresti mosso un dito. - Sorpresa. Paura. Come fa a saperlo? Non mi conosce, da cosa l’ha capito? Si vede lontano un miglio che in realtà sei un cinico bastardo. Forse sì, forse no. - Mh, può essere - - Non avevo dubbi – Abbassa lo sguardo. Sorride compiaciuta. Com’è sexy. La tentazione di finire il lavoro cominciato da quel maiale, è forte. Sei tale e quale al porco di prima. L’unico da cui dovresti proteggerla, sei tu. Lo farei. Se solo non ci fosse quella paura mista a oscurità nel suo sguardo. Spaccherei il sole in tre, pur di illuminarlo un po’. Non fare il romantico, adesso. - Come stai? - chiedo serio. A me non sembra scossa, ma meglio chiedere, per sicurezza. È forte. Non lascia trasparire niente. - Sto bene. Non sarà di certo un porco a farmi spaventare. – - E cos’è che ti spaventa? – E secondo te lo va a dire proprio ad uno sconosciuto? Certe volte sei davvero un genio, Brian. Complimenti per l’originalità. - I tuoi occhi - I miei occhi? Forse non ha capito la domanda. O forse io che non mi sono spiegato? No, impossibile. È lei che non ha capito, sicuramente. - I miei occhi cosa? - Meglio chiedere a lei piuttosto che fottermi il cervello. - Il senso di protezione così forte che proviene dai tuoi occhi. Ecco cosa mi spaventa. - Non ci credo. È davvero così evidente? Sono un libro aperto e non me ne sono mai accorto? Perché cazzo non me l’ha mai detto nessuno? Hai dubbi anche su te stesso? Andiamo bene, Brian. È lei che mi porta all’autodistruzione. Con semplici parole, riesce a fottermi quei pochi neuroni ancora intatti. Un’altra frase, e potrebbe essermi fatale. - Ti stai sbagliando, i miei occhi non hanno proprio niente di spaventoso. - - Tu forse non te ne accorgi, ma stai cercando di proteggermi, lo sento. – Io me ne accorgo e come. Ma speravo che tu non te ne accorgessi. Ma è tutto inutile con te. Gioco a carte scoperte. Anticipi ogni mia mossa. Ti odio e ti adoro. My killer, my lover.
Mi osserva, cerca una risposta da qualche parte, ma da me non l’avrà. Cosa farei se mi credesse pazzo anche lei? No, non le dirò niente. Tanto, sono sicura che riuscirà a capirlo da sola. Ci arriverà prima di me.
- Non lo so. Non so niente, non riesco a capire niente. - Abbassa lo sguardo. Meglio non caricarla con i miei problemi. - Ti riaccompagno? È tardi. - - Vado da sola – Non posso dirle che non la lascerei andare da sola, per nessuna ragione al mondo. - Stiamo nello stesso hotel, devo fare la stessa strada - - Lunatico, eh? – - Abbastanza – Un po’ troppo direi. Un rosa pallido intanto, colora il cielo. Camminiamo vicini, silenziosi. A differenza del tepore dell’alba, tra noi c’è ancora il gelo della notte. È piccoletta. È più bassa di me. La frangia nera le copre la fronte. Ancora una volta l’istinto di prenderla e di farla mia. Sta’ buono. - Non volevo farti innervosire prima – dice quasi in un sussurro. Questa volta l’ha voluto lei. Le prendo la mano, come ha fatto lei con me prima. La blocco. Mi guarda dubbiosa. La guardo determinato e meschino. La bacio prepotente. Si lascia baciare. Il positivo attira il negativo. Funziona così nelle calamite, no? Ho avuto ragione fin da subito.
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