Black Eyed PLACEBO Forum • Loud like Placebo version

Burger Queen., Viva i titoli originali D:

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infra_red
view post Posted on 9/2/2011, 22:47     +1   -1




:ooh: Finalmente un nuovo capitolo....oltretutto bellissimo :ooh: :sosweeet:
 
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Josie;
view post Posted on 10/2/2011, 17:50     +1   -1




Grazie *Q*
oishhfifffff
 
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loriada
view post Posted on 10/2/2011, 18:59     +1   -1




CITAZIONE (Josie; @ 9/2/2011, 19:36) 
Non so perché accettai, né perché Helena volesse bere del tè con me. Ma avevo bisogno della mia famiglia. Sai, quando ti senti così solo da non volere nessuno, ma non riuscire a rinunciare a nessuna persona che ti rivolge la parola?

già... è così vera questa frase... :sighhhh:

CITAZIONE (Josie; @ 9/2/2011, 19:36) 
Cody si mise in braccio a me, e Helena di fronte, seduti a gambe incrociate sul letto a bere tè verde. Ecco l’amore della mia vita. Mio figlio.

:sosweeet: :sosweeet:

Prafa!!!!
 
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Josie;
view post Posted on 10/2/2011, 19:53     +1   -1




Grazie *è commossa*
 
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kinai95
view post Posted on 22/2/2011, 22:33     +1   -1




Uh, davvero bello!!! :DD Mi è piaciuto un sacco, e perdonami se è da molto che non commento... D: Sei davvero bravissima a scrivere, ti adoro!! °3°
Speriamo che David faccia uno sfortunato incidente e rimanga in come per un po di settimane... =.=

SPOILER (click to view)
Nel prossimo capitolo di sarà del Molsdal? LOL Scusa dai, non resistevo! u.u
 
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Josie;
view post Posted on 23/2/2011, 18:44     +1   -1




CITAZIONE (kinai95 @ 22/2/2011, 22:33) 
Uh, davvero bello!!! :DD Mi è piaciuto un sacco, e perdonami se è da molto che non commento... D: Sei davvero bravissima a scrivere, ti adoro!! °3°
Speriamo che David faccia uno sfortunato incidente e rimanga in come per un po di settimane... =.=

SPOILER (click to view)
Nel prossimo capitolo di sarà del Molsdal? LOL Scusa dai, non resistevo! u.u

Ahah, beh vedremo.
Grazie mille miria.
 
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loriada
view post Posted on 8/3/2011, 21:56     +1   -1




bello :sighhhh:
 
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GenderBlender
view post Posted on 13/6/2011, 18:29     +1   -1




Josie ma è meravigliosa!
L'ho letta tutta di fila e scrivi in modo molto piacevole e scorrevole.
Mi piace il modo in cui hai rappresentato la depressione tendente al bipolare di Brian. Trovo che il personaggio di Julien,per quanto sfuggente e mutevole,sia il simbolo di ciò di cui Brian ha paura,del suo passato,delle sue debolezze e di tutti quelli che non è riuscito a lasciarsi alle spalle.
Ho apprezzato i capitoli "psichedelici":il turbine di immagine e ricordi confusi lo fanno sprofondare sotto l'effetto della droga,ma gli danno una nuova consapevolezza da lucido,con ciò che trova nel bauletto.
Nel mio immaginario Brian è molto simile a quello che hai descritto: una figura complessa,che non può essere etichettata o minimizzata.
Adoro il modo in cui il Brian che descrivi riesce a entrare prepotentemente nella vita di ogni persona,sconvolgendo il loro equilibrio in modi più o meno eclatanti. Non è banale,non è scontato,è forte e fragile allo stesso tempo ma sicuramente sofferente.
Ultima annotazione: ho notato molte citazioni delle canzoni dei Placebo nei dialoghi e nei flashback di Brian (Nick-You Don't Care About Us).E' un modo molto originale di "plottare" una fanfiction e non sempre è facile farlo.
Niente,complimenti.
Aspetto il seguito.
 
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Josie;
view post Posted on 15/6/2011, 22:26     +1   -1




Oh, non mi ero accorta del tuo commento. Devo dirti che questo è forse il migliore che abbia mai ricevuto.
Grazie di cuore. Spero di non deludere con il seguito.
 
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GenderBlender
view post Posted on 16/6/2011, 12:19     +1   -1




Pff,sono solo logorroica,il merito è tuo ^^
 
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Josie;
view post Posted on 6/1/2012, 14:06     +1   -1




Bene.
Giusto in tempo per la befana.
Finale.
Volevo fare una cosa più "gioiosa", ma sarei risultata smielata (cosa che rischio di continuo) ebeh.
è un po'pesante.
Ma è molto personale.
Si, è forse il capitolo più personale che abbia mai scritto? Sono quasi più io.
Riflessivo.
Buon divertimento.


Capitolo 30
Don’t give in to yesterday

Non c'è nient'altro a cui poter dare un ordine

“Ho bisogno di stare un po’da solo”, mi dicevo.
Stavo seduto sul divano con il mio quadernino sulle gambe, con una tazza di caffè in una mano e la penna nell’altra.
Certo, ero stato già parecchio tempo da solo. Ma era diverso.
Avevo bisogno di fermarmi e cercare di fare il punto della situazione.
Fermarmi e tentare di capire queste emozioni, che si mischiavano, dentro di me.
Più che altro, avevo solo bisogno riflettere.
Riflettere.
Scrivere ancora.
Chiudermi, meditare e risolvere.
Ticchettavo con la penna sulle mie ginocchia ossute e riflettevo.
Dopo molto lavoro ero finalmente pulito da qualche mese.
Eppure nella mia testa c’era ancora un gran casino. Forse più di prima.
Essere sano non significava avere la testa in ordine.
La lucidità mi aveva confuso ancora di più.
Anche se non la chiamerei lucidità. Più che lucido, ero confuso da altro.
Su cosa dovevo riflettere?
Cosa c’era da sistemare ancora?
Ero pulito, che cos’altro dovevo fare?
Desideravo solo qualcuno che mi guidasse. Ma allo stesso tempo volevo fare da solo. Mi sentivo così confuso, mi sentivo come un adolescente: ero sul confine tra una vita e l’altra, sperando di riuscire ad andare avanti, con la consapevolezza di dover affrontare tanti ostacoli e allo stesso tempo rischiando di cadere indietro, rifugiandomi nella mia infanzia, pensando di essere al sicuro.
In un certo senso, non ho mai smesso di essere un adolescente, mai nella mia vita. Questo può essere considerato un fattore positivo artisticamente parlando, ma per la vita, non è affatto comodo.
Stavo crescendo?
Forse era ora di lasciar stare i tempi del ventenne scontroso e arrabbiato col mondo. Avevo superato i trent’anni. Non eravamo più negli anni novanta. Non serviva più a niente.
Ma purtroppo l’unico modo che avevo per continuare, era rivedere tutti quei fantasmi, e l’idea di certo non mi era molto gradita. Il problema era che non sapevo più quando erano sogni, quando era la droga a farmeli vedere, o quando erano allucinazioni. Prima riuscivo a distinguerli. Almeno, riuscivo a distinguere Julien. Ma poi tutto si era mescolato, confuso, come in un secchio pieno di vomito.
Il punto è che è impossibile riflettere. Si può andare solo fino a un certo punto.
È come un burrone enorme, nel quale più scivoli giù, più si fa stretto e roccioso.
Scendi di sotto con cautela, e analizzando ogni punto. Vai sempre più a fondo, e a un certo punto, resti incastrato tra le rocce. Guardi in basso, e non vedi nulla. Vedi solo ombre. È tutto nero. Sai che c’è qualcosa ma non puoi afferrarlo. Non è una, sono milioni e sono fastidiose e inconsistenti e sai che ti faranno del male. Ma non sai cosa sono, e hai troppa paura per cercare un modo di scoprirlo.
Non ci sono parole per esprimere quei sentimenti. Sono troppo astratti. Nascosti. Per vergogna, paura, angoscia. L’odio per te stesso, ti ucciderebbe. La paura del mondo, ti torturerebbe. Non le accetti. Non vuoi crederci, non vuoi pensarci, non vuoi parlare, non vuoi discutere. Li uccidi, li soffochi, finchè non puoi più riprenderli. Mai più. Ma loro, nascosti lì, nel buio, come piccoli demoni, condizionano tutto il resto. Confondi il vero con il falso, ciò che è giusto con ciò che è sbagliato, l’amore con l’odio, la felicità con la rabbia, la paura con la tristezza, la realtà con l’immaginazione. Il passato con il presente.
Ti stanca solo il pensiero di provare a guardare così giù. Sei esausto e terrorizzato. E non hai ancora cominciato. E ogni giorno, è sempre più stancante. Ogni giorno l’idea di tirarli fuori ti repelle e ti rovina la vita, ti consuma. La solitudine, la noia, sentirsi sprecati, sentire di perdere tempo, rendono il tutto più difficile. Sensazioni che sentivo da ragazzino nella noiosa e bigotta Lussemburgo, giustamente. Le attribuivo alla normale paura del futuro. Ma il mondo l’avevo visto, e avevo capito come funzionava. Quelle emozioni mi erano rimaste attaccate come etichette, anche se non avevano più motivo di esserci.
E vorresti solo placare tutte quelle vocine che ti sospirano cose che non vuoi sentire.
E vorresti solo far stare zitto il tuo cuore che la notte ti tiene sveglio perché hai paura che un altro dei tuoi fantasmi sia sotto al tuo letto, o nel tuo armadio, pronto a punirti per la tua vita di merda. Il diavolo, Dio, non esistono buoni o cattivi. Sono in società. E vogliono solo punirti per la tua cattiva condotta. Per i tuoi peccati, per il tuo odio.
E vorresti solo far stare zitto il tuo cervello, che ti tiene sveglio la notte per ricordarti quanto tu sia infelice. Tutto l’amore che avresti voluto. Tutto quello che hai rifiutato.
Credo sia questa la depressione di cui tutti parlano. La sensazione di non avere più forze. Una totale stanchezza rispetto alle cose fisiche ed emotive. Non sopportare l’idea di dover pensare ancora, di avere qualcosa da risolvere. L’essere esausti prima di aver cominciato. Il terrore di dover cominciare. Una paura che prende forma e ti perseguita. Senti come un animale sulle tue spalle, che è così ben aggrappato con le sue unghiette nella tua carne che non riesci a liberartene, e ovunque vai, è lì con te e rende ogni giorno terribilmente insopportabile e pesante.
E pensi che sei te, che ti stai facendo male da solo.
Vorresti solo farla finita.
E magari qualcuno non ti vuole morto. E te lo fa pesare. E quindi fai in modo che tutta la merda esca da sola. E bevi. E ti fai di cocaina. E ti riempi di pasticche. Vomiti infelicità, paura, orrore, vergogna e non sai nemmeno da dove viene tutto questo schifo. Esce, vola via, sei libero e pensi di star bene. Ma poi ti ricordi che quando torni in te, i pensieri tornano al loro posto. Hai solo fatto prendere aria alla tua testa vuota. Oppure hai solo peggiorato le cose. I mostri che prima sentivi prendono forma fisica, li vedi, e non hai scampo perché non esiste un rimedio.
E poi c’è la musica.
Quel magnifico luogo di salvezza che rende tutto perfetto. Quella cosa che rende bello tutto ciò che esprime. L’angoscia, la paura, la sofferenza, la solitudine, la disperazione. La musica rende belle pure queste cose. I testi esprimono i pensieri raggiungibili. Le note invece esprimono quei pensieri inconsistenti, astratti e impossibili da capire ed esprimere in altro modo.
Vivo per scrivere musica. Esprimo quello che voglio esprimere con la mia musica, e tutto il resto lo trovo irrilevante.
La musica è la mia liberazione. Insieme a mio figlio.
Sono un padre single.
Ma in musica sicuramente non sono un solo. Ho un compagno.
E non ho bisogno di stare solo.
Ho bisogno di scrivere musica. E avevo già visto che farlo separatamente non era stata una cosa sana.
L’occhio mi cadde su una foto di me e Stefan. Era una foto dei Placebo, ma Steve era stato accuratamente tagliato via.
Con delle forbici o con un e-mail, a seconda del caso.
Non provai odio mentre pensavo a Steve. Pensai a quanto mi mancava essere in un gruppo. Io e Stefan da soli siamo pericolosi. È una relazione così intensa, che se non curata, può essere terribilmente nociva per entrambi.
Era sempre il mio compagno d’arte, ma avevamo bisogno di qualcosa di nuovo.
Guardai nella mia tazza ancora piena. Feci una smorfia. Cominciai a parlare da solo.
“Se bevo un altro sorso di caffè, giuro che vomito”.
Mi alzai, e lo versai nel lavandino.
“Aria fresca, c’è bisogno d’aria fresca”.
C’è da lottare.
Andai in camera mia, presi la Scatola e versai tutto sul mio letto, non una grande idea, perché era piena di polvere e odorava di vecchio.
Avevo deciso di bruciare tutto. Presi l’accendino e una lettera, ma poco prima che riuscissi ad accendere, mi resi conto di quanto fosse sbagliato.
Per anni il passato mi aveva perseguitato, ma una parte importante era stata sotterrata.
Non dovevo avere paura del mio passato. E non dovevo dimenticarlo.
Dovevo imparare a viverci.
Sapevo già convivere con me stesso. Avevo il mio metodo.
Più di quindici anni che non facevo altro.
Ma fose non sapevo convivere con il mio passato.
O forse si.
Perché avrebbe dovuto essere diverso?
Dovevo rivedere tutto da capo
Usare tutte quelle cose a mio favore.
Andare avanti.
Crescere come artista
Essere più felice.
Julien, Carole, Kitty, come vuoi chiamare quella cosa, quel male, sarebbe diventato mio amico. I ricordi non avrebbero più fatto così male.

Finchè sarò lucido, e finchè avrò la consapevolezza che i ricordi sono solo ricordi, starò sereno.
Starò meglio.
Carole è solo una persona.
Kitty è solo una persona.
Henry era solo una persona.
Non sono mostri. Non sono fantasmi.
Julien è solo un palla di ricordi.
I ricordi sono solo ricordi.
Corsi in salotto, preso da mille idee.
Scrivevo nervosamente su quel quadernino, come in un esplosione di creatività, cominciai a ballare per la stanza, pieno di gioia.
Alla fine la soluzione era solo la musica.
E già lo sapevo.
Ed era ora di nuova aria, nuova gente, nuova musica.
Presi il telefono e digitai il numero.
- Pronto?-
- Beh? Allora? Hai intenzione di stare chiuso in casa per molto? Il nostro batterista?-

Don't fall back into the decay
There is no law we must obey
So please don't let them have their way
Don't give in to yesterday

We can build a new tomorrow, today



Fine.
 
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GenderBlender
view post Posted on 12/1/2012, 16:39     +1   -1




Brian qui si trova a tirare le somme della sua vita, ad affrontare per l'ultima volta i suoi fantasmi e decidere di convivere con le sue insicurezze. Il suo passato entra a fare parte di lui, lasciando spazio all'adulto, quello che decide di continuare a vivere, non più l'adolescente annoiato del Lussemburgo ma un padre, un musicista, un uomo. Quello che si è lasciato alle spalle lo farà sempre soffrire, ma c'è un'alternativa allo scivolare nel burrone di rocce appuntite dei suoi dolori: Brian si accorge di non essere solo. La sua amicizia con Stefan è una delle poche costanti della sua vita e vi sia aggrappa un'ulteriore, decisiva volta. Lascia dietro i suoi fantasmi più o meno reali e torna al presente.

Brava, dovresti continuare a scrivere (:
 
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Josie;
view post Posted on 17/1/2012, 22:20     +1   -1




owww, sono contenta che apprezzi quello che ho scritto :3
graziemille, vedrò di scrivere ancora yep
 
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117 replies since 9/9/2010, 22:13   2717 views
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